La guerra d’Etiopia 1935-36

Anche le truppe alpine furono mobilitate per l’esigenza A. O. e così la Divisione Cuneense nel 1935-36 cede alcuni reparti (battaglioni Pieve di Teco, Saluzzo e l’11ª batteria del Gruppo Artiglieria Alpina Mondovì.) che vengono inglobate nella 5ª Divisione Alpina Pusteria, costituita appositamente il 31 dicembre 1935 a Brunico, in partenza per l’Etiopia che risultò così formata:

  • Reggimento alpini con i battaglioni: Feltre, Pieve di Teco e Exilles.
  • Reggimento alpini con i battaglioni: Trento, Intra e Saluzzo.
  • Reggimento Artiglieria Alpina con i gruppi: Lanzo (btr.5ª-13ª-21ª), comandato dal magg.Giuseppe Migliorati, Belluno (btr.22 ª-23ª-24ª); il gruppo Susa (btr. 2ª-3 ª-40ª) inquadrato nel 16°Rgt artiglieria divisionale della divisione di fanteria Sabaudia, rientrato in Italia nel gennaio 1937. Il Gruppo Belluno ricevette in carico l’11ª Batteria del Gruppo Mondovì.
  • Furono creati anche due Battaglioni Complementi, il VII e l’XI, che erano destinati a sciogliersi e a sostituire le perdite dei vari reparti.

Etiopia 1936

Divisione Pusteria - Sbarcata a Massaua alla fine di gennaio del 1936 la Divisione Pusteria è impegnata nella conquista delle zone montagnose dell’Etiopia, dell’Amba Aradam, di Mai Ceu, di Passo Uarieu, di Passo Mecam e dell’Amba Alagi. Il VII Battaglione Complementi, in particolare, si distingue nella conquista del monte Uork Amba1, per questa ragione il Battaglione cambia nome e da VII Complementi diventò Battaglione Uork Amba. Nell’aprile del 1937 la Divisione è rimpatriata ma circa metà dei suoi componenti si congedano e rimangono a lavorare in Etiopia. Sempre nel 1937, le Unità rientrate in carico a quelle d’origine partecipano alla sfilata avvenuta nell’aprile del 1937 a Roma, organizzata per ricevere i giusti onori e festeggiare il primo annuale dell’impero.

Battaglione Feltre - Nel gennaio del 1936 il 7° Alpini viene mobilitato per le operazioni in Africa, e passa alle dipendenze della Divisione Alpina Pusteria. Il Feltre partito dalla Caserma Zannettelli il 30 dicembre 1935 al comando del magg. Vittorio Emanuele Bollati, viene imbarcato a Napoli sul piroscafo Conte Grande, viene inviato insieme ai battaglioni Pieve di Teco ed Exilles in Africa Orientale e sbarca a Massaua il 12 gennaio 1936. Oltre alle consuete compagnie 64ª, 65 ª e 66 ª, viene per l’occasione riformata la 95ª,come compagnia armi d’accompagnamento. Inizia la marcia verso la zona di Macallè, il 22 gennaio raggiunge la conca di Enda Mariam. Il 15 febbraio 1936 partecipa alla battaglia dell’Amba Aradam, alla battaglia di Mai Ceu (31 marzo-3 aprile) e successivamente alla battaglia del Lago Ascianghi. Nell’aprile 1937 il Feltre ritorna in Italia.

Alpini Btg Feltre

Battaglione Pieve di Teco - Nel 1935 il Battaglione (cp. 2ª, 3ª, 8ª, 102ª) è in organico alla 4ª divisione alpina Cuneense. A fine anno è inquadrato (cp. comando, 2ª, 3ª, 8ª, 107ª) nel 7° reggimento alpini della 5ª divisione alpina Pusteria per l’impiego in Africa Orientale. Nel VII Battaglione Complementi la 603ª compagnia è quella che inquadra i rincalzi per il Battaglione. Parte il 6 gennaio 1936 da Napoli imbarcato sulla nave Conte Grande e giunge il 12 gennaio a Massaua dove sbarca. Tra il 21 e 22 gennaio è trasportato in autocarro presso la conca di Enda Mariam da dove è spinto in avanguardia sul Fers Mai a rinforzo della divisione Gavinana.

Il Pieve di Teco sfila rientro

 

Il 1° febbraio il Comando Superiore decide di lanciare la Pusteria verso Macallè; l’avanzata verso l’Amba Alagi e Dessiè è preclusa dall’Amba Aradam difesa da 80.000 armati abissini. Le divisioni del I corpo d’armata Pusteria, Sabauda e la CC.NN. 3 gennaio e quelle del III corpo d’armata dal 10 al 12 febbraio si concentrano e preparano l’attacco che avviene il giorno 15. La vetta dell’Amba Aradam viene raggiunta il giorno seguente da reparti del Pieve di Teco e unità della divisione CC.NN. 23 marzo. Il 28 cade l’Amba Alagi. Nell’azione volta alla conquista dell’Amba Uork , il 27 febbraio, cade il S.Ten. Antonio Cicirello del VII btg Complementi 603ª cp. che verrà decorato di MOVM2. Nel corso della battaglia di Mai Ceu al Passo Mecan il Battaglione subisce 16 caduti e 60 feriti meritando la MAVM (R.D. 21 gennaio 1937): Con ferma tenacia ed indomito valore, sosteneva l’urto di soverchianti ed agguerrite masse abissine guidate dallo stesso imperatore, infrangendone la pervicace baldanza Durante tredici ore di aspra battaglia, decisiva per le sorti della guerra, riaffermava in terra africana le tradizionali virtù guerriere della gente di montagna. Passo Mecan (Africa Orientale),31 marzo-3 aprile 1936. Ad aprile 1937, terminato l’impiego africano, torna in carico al 1° alpini.

Battaglione Exilles - Il 22 dicembre 1935 viene ordinata la mobilitazione per l’Africa orientale del 7° reggimento Alpini. Per la campagna il 7° riceve dal 2° il Battaglione Exilles comandato dal Maggiore Alfredo Landi Mina, poi sostituito dal Maggiore barone Alessandro Fiorio di San Cassiano. Il Battaglione3 è formato dalle compagnie 31ª, 32ª, 33ª e 84ª, tutti con la nappina verde. Il Battaglione arriva da Torino a Napoli, per l’imbarco, nei primi giorni del gennaio 1936. Imbarcatosi sul Conte Rosso, in pochi giorni raggiunge Massaua. Sbarcato, giunge il 14 a Edagà Robò, ricongiungendosi al resto del reggimento che già si trovava sul posto. Di qui il 7° reggimento si sposta a Enda Mariam e poi, con l’intera divisione alpina Pusteria, a Macallé. La zona non è ancora sicura, infatti una banda di irregolari abissini scorrazza incendiando villaggi che fanno sottomissione agli italiani. Il trasferimento procede però tranquillo fino a pochi chilometri di Hauzien dove gli abissini, di notte, fanno un’imboscata ai reparti di coda. Il 7° non si ferma.

Il Btg Exilles

Gli alpini ripartono immediatamente per Ugorò e, per ordine superiore, vengono caricati su autocarri e portati con la massima urgenza nei pressi di Macallè. Si profila infatti la battaglia dell’Endertà. Gli alpini vengono schierati sotto il massiccio dell’Amba Aradam, montagna vasta e piatta che si trova in posizione strategica davanti ai Passi dell’Amba Alagi. L’Amba Aradam si deve conquistare: senza il possesso di questo massiccio è impossibile proseguire. Vengono scelte e definite le vie d’accesso per l’attacco. La Pusteria è collocata in seconda schiera con la divisione Camicie Nere il 3 Gennaio. Il 7° reggimento è sull’estrema destra, proprio di fronte a contrafforti dell’Amba. Il piano viene modificato per un improvviso attacco degli abissini durante il movimento, il 12 febbraio. Gli alpini vanno a sostenere le camicie nere della 3 febbraio, con l’Exilles di retroguardia. All’alba del 13 febbraio gli alpini rafforzano le posizioni, eliminano alcuni nuclei abissini ancora presenti sul campo di battaglia e prendono possesso dello sperone roccioso dell’Enda Gaber. Il Battaglione Exilles viene trattenuto nella zona di Enda Gheorghis Afgol come riserva divisionale. Il giorno dopo l’Exilles torna nei ranghi reggimentali, sempre in posizione di rincalzo. Alle 15 si attacca l’Amba Aradam: Pieve di Teco ed Exilles davanti, Feltre in seconda schiera. Purtroppo però poco prima dell’imbrunire una fittissima nebbia scende nel vallone sotto l’Amba. I reparti si devono fermare. Nel frattempo ras Molughietà si è ritirato, la sua armata si è dissolta.

Il 26 febbraio il 7° muove attraverso la piana di Buiè fino al Monte Gomolò, dove raggiunge la divisione Sabauda. La divisione Pusteria, nel movimento del I Corpo d’Armata è la colonna di destra e raggiungere in due sbalzi l’Amba Togorà, la montagna più alta del massiccio dell’Amb Alagi. Con questo movimento laterale e dall’alto dovrà coprire il movimento a valle del VI gruppo CCNN Montagna che dovrà occupare il Passo Alagi più in basso. Per questa operazione il 7° alpini viene rinforzato da  una compagnia del XX Battaglione eritreo e costituisce la colonna sinistra della divisione. Nella giornata del 28 il 7° raggiunge, dopo una marcia penosa in posizione esposta, l’obbiettivo assegnato: l’Amaba Togorà e si appresta alla difesa. Si innalzano fortini in pietra e ridotte. Il 7 marzo il 7° si sposta a presidiare il Passo Alagi, e ricomincia ad approntare difese e fortini. Pattuglie si spingono al Passo Aibà, dove alcuni ufficiali del genio studiano i tracciati per una nuova camionabile che deve consentire alle artiglierie pesanti e ai rifornimenti di proseguire verso sud. Un pattuglia avanzata di esploratori raggiunge il Passo Dubbar. Il 7° muove verso il contrafforte della piana di Atzalà per proteggere i reparti che devono cominciare a costruire la camionabile che conduce a Quoram e a Dessiè. Gli alpini sono sulla direttrice della famosa Strada Imperiale, ma di strada nessuna traccia. E’ infatti una ripida mulattiera che peggiora man mano che si avanza. Al 7°, meno il Pieve di Teco che rimane a presidio del Passo Aibà, viene ordinato di proseguire fino al Passo Dubbar che raggiunge dopo una faticosissima marcia che uccide molti muli e sfianca gli uomini. Gli alpini sono preceduti dal XXV Battaglione eritreo comandato dal colonnello Tosti, che prosegue col reparto ben oltre e si assesta a difesa nella valle successiva nei pressi di Belagò, nella piana di Mai Ceu.

Ulteriore sbalzo: il passo Mecan (17 marzo). Il 7° oltrepassa la piana e l’abitato di Mai Ceu e risale il crinale opposto. Il Passo è una successione di piccole collinette boscose con ad est la punta dell’Amba Bohorà. A battaglioni affiancati, Feltre a sinistra e Exilles a destra, preceduti dal XXV Battaglione eritreo gli alpini si dispongono a difesa s alcune colline tra due mulattiere che scendono verso l’abitato di Mai Ceu, provenienti da Aià. Le colline sono coperte soprattutto verso sud, direttrice del possibile attacco abissino da fitta vegetazione spinosa che impedisce visibilità e consente all’attaccante di serrare sotto senza essere scorto. All’alba il 7° incomincia l’opera di fortificazione, gli alpini abbattono cespugli di ginepri, acacie e euforbie per migliorare il campo di tiro. Mancano attrezzi, e il comando consente l’utilizzo delle baionette. Il 19 marzo si notano sulle montagne a sud della piana del Mecan i primi movimenti di abissini. La notte la valle si riempie di fuochi. L’armata del Negus è arrivata. La massa riunita dall’Imperatore è l’ultima grande formazione ormai presente sul fronte settentrionale, e conta un totale di 50.000 uomini. Sulle posizione del 7° arriva anche l’11° alpini. L’Intra sostituisce l’Exilles e occupa il Passo Mecan Occidentale. Il passo orientale era lasciato sgombro, sotto il tiro del Battaglione Exilles schierato più indietro. Il 21 marzo le truppe etiopiche terminano lo schieramento sulla dorsale sud del Mecan, e l’Imperatore stesso sistema il proprio comando su una montagna elevata sulla valle, nei pressi del villaggio di Aià. Il negus pianifica un attacco su tre colonne: un attacco principale sulla destra (est) etiopica e uno diversivo sulla sinistra (ovest); le forze dei tre Ras devono marciare compatte fino all’amba dove sorge il villaggio di Degan, (a 2 chilometri circa dal Passo Mecan Orientale); da qui le tre colonne devono partire con i seguenti obiettivi: la colonna Seium deve raggiungere con una mossa aggirante il torrente Mai Ceu e risalendo il suo corso occupare il villaggio omonimo, da nord-est a sud-ovest; la colonna Cassa deve attaccare risolutamente le estreme posizioni italiane da est, nei pressi di Dogulè Mescid; la colonna Abatè, con la Guardia Imperiale, deve, da sud dell’Amba di Degan, attaccare direttamente l’estrema sinistra (est) della prima linea italiana, il Passo Mecan Orientale. Un’ulteriore colonna, col compito di compiere il falso attacco diversivo ad ovest, deve puntare sull’Amba Bohorà.

 A mezzanotte del 31 marzo l’Imperatore ordina l’attacco. Prima dell’alba le colonne etiopiche sono già a contatto con le truppe italiane. La colonna incaricata dall’attacco diversivo ad ovest, dopo aver attaccato frontalmente un distaccamento di alpini nei pressi del villaggio di Ezbà, riesce a conquistare la cresta dell’Amba Bohorà; nel pomeriggio però un  furioso contrattacco degli alpini riesce a rioccupare la cima e i guerrieri del Negus devono ritirarsi. A sera, a causa della forte pressione italiana, la colonna deve abbandonare anche il villaggio di Ezbà, e ritornare sulla posizioni di partenza. L’ala destra (est) comandata dal Ras Seium, si scontra invece con i reparti eritrei disposti tra Mai Ceu e Cobertà: riesce ad aver ragione dei difensori che si ritirano ordinatamente fino a Cobertà, ma gli etiopi non riescono a raggiungere il torrente Mai Ceu. La colonna Abatè, sebbene partita per ultima, è la più avanzata: la sua forza in termini di uomini, la presenza determinante della Guardia Imperiale e l’imprevista direttrice d’attacco fa sì che le truppe eritree vengano sommerse: l’attacco si spinge fin davanti alla seconda schiera italiana, tenuta dalle truppe nazionali. Qui la battaglia si fa subito accesa e dura fin nel primo pomeriggio. Lo slancio degli attaccanti è rotto dalla tenace difesa degli italiani che contrattaccano e respingono i negussiti, recuperando le posizioni precedentemente tenute dagli eritrei. La colonna Cassa, avanza invece con estrema lentezza, e si infrange contro il contrattacco della 2ª Divisione Eritrea, e batte in ritirata. Sulle linee italiane affluiscono intanto nuove truppe: la divisione Sabauda si affianca ad est alla Pusteria; la divisione CC.NN. 3 Gennaio raggiunge Mai Ceu. Alle 16 l’ultimo attacco abissino verso le difese italiane: le due divisioni eritree, il Battaglione alpino Intra e reparti del VI gruppo camicie nere con la banda eritrea dello Scimezana, spezzano definitivamente l’offensiva nemica. Alle 17 le truppe del Negus si ritirano dal campo di battaglia e l’Imperatore stesso ordina la ritirata generale verso Quorum.

Per quanto riguarda il Battaglione Exilles, gli attaccanti infilatisi nel passo orientale furono bersagliati da est dall’Exilles, dal Pieve di Teco da ovest e dalla 2ª Divisione da sud-est, unitamente al fuoco dell’artiglieria, stroncando l’attacco. Gli attaccanti avanzavano con molta determinazione, ma, per quanto riguarda l’Exilles, non si giunse mai al corpo a corpo o al lancio di bombe a mano, fatto confermato dai reduci. Le mitragliatrici dell’Exilles appoggiarono poi il contrattacco. Plotoni dell’Exilles e del Pieve di Teco escono dalle ridotte e prendono parte al rastrellamento del campo di battaglia. Il 3 aprile il Corpo d’Armata si rimette in movimento, diretto alla regione dell’Ascianghi. Il 7° alpini costituisce il 1° scaglione della divisione, con Feltre ed Exilles in prima schiera. Essi si scontrano quasi subito con ritardatari armati di mitragliatrice. L’Exilles li snida con successive azioni condotte da piccole unità, lavoro da controguerriglia. Non mancano gli abissini che si fingono morti per poi rialzarsi e tirare alla schiena. L’Exilles raggiunge l’Amba Guddom, mettendo in fuga i ritardata ri e facendo preda di cannoncini moderni. Il movimento riprende il 5° con il reggimento in testa, dopo un poco di riposo.

Contestualmente all’avanzata si mettono in opera i lavori stradali per consentire agli automezzi di passare. Si lavora duro, fra acquazzoni e la logistica messa in difficoltà dalla morìa dei muli italiani. Il lavoro è compiuto comunque dagli alpini entro il tempo prefissato (15 aprile). L’auto-colonna sfila verso Addis Abeba, con un Battaglione in rappresentanza degli alpini, mentre il resto viene spostato verso il passo Agumbertà per altri lavori stradali. Il 18 maggio il 7° alpini è trasferito a Dessié. A piedi, circa 250 km in 11 tappe. Durante una tappa l’Exilles, in retroguardia, è bloccato a un guado da una piena improvvisa. Nella zona di Dessiè gli alpini attendono ancora a lavori stradali, alternati da servizi di scorta (in genere a livello di compagnia) ad autocolonne dell’intendenza, il che spesso vuol dire spingere gli automezzi. Sono arrivate le piogge, ostacolando sia i lavori che i trasferimenti. A fine luglio l’Exilles si sposta a Itaciò. Sempre lavori stradali.

Il 27 settembre è notificato il trasferimento della divisione alpina ad Addis Abeba. Il 23 ottobre giungono gli autocarri. Il giorno dopo, fra i reparti destinati a partire, l’Exilles. La lunga autocolonna (quasi 500 automezzi) impiega 11 giorni per fare poco più di 400 km. Che comunque avvengono con le consuete misure di sicurezza. Dopo un certo periodo in Addis Abeba i battaglioni vengono distaccati. Il 30 novembre l’Exilles è mandato a proteggere i cantieri della strada Addis Abeba-Dessié. Finalmente, il 24 marzo 1937 l’Exilles riceve il cambio da unità di altra divisione e parte per Debra Sina. I battaglioni del 7° Alpini si riuniscono e proseguono verso il mare. Adigrat, Nefasit, e finalmente il 5 aprile Massaua. Imbarco pressoché immediato, ma per problemi tecnici la partenza è rinviata al giorno successivo. Il 13 aprile sbarco a Napoli e il giorno dopo, a conclusione della campagna, la sfilata per le vie di Roma.

Il Btg Exilles Pinerolo

Battaglione Trento - Nel 1936 il Battaglione Trento viene inquadrato nell’11° reggimento alpino nella Divisione Pusteria, prende parte alle operazioni in A.O.I. al comando del magg. Guglielmo Simeoni con le cp. 92a,94a,144a e 145a. Partito da Trento con un lungo convoglio ferroviario, è destinato a Livorno e da qui via mare sul piroscafo Piemonte sino a Massaua. La traversata dura 12 giorni. Sbarcati, gli alpini sono incolonnati ed avviati coi camion nella zona di Enda Mariam. Da qui con una marcia forzata di 5 giorni, il Battaglione giunge a Macallè. Sull’Amba Aradam sostiene i primi combattimenti, e partecipa alla conquista dell’Amba Alagi.

In seguito raggiunge l’Amba Bohorà e il Passo Mecan. Partecipa alle battaglie di Mai Ceu e Lago Ascianghi. Il Battaglione è scelto in rappresentanza delle truppe alpine per l’entrata nella capitale Addis Abeba che raggiunge il 5 maggio 1936. Svolge inizialmente attività di perlustrazione nei dintorni della capitale, poi gli è affidato un settore della linea di protezione della città. Rientra in Italia nel maggio 1937.

Sezione mitraglieri degli alpini in Etopia

Battaglione Intra - L’ordine di mobilitazione arriva al Comando di Battaglione durante le feste natalizie del 1935, ed ancora una volta il Battaglione Intra viene staccato dal 4° alpini con destinazione Africa Orientale.

Il 5 gennaio del 1936 non un solo alpino manca all’appello e il Battaglione si trasferisce a Fondotoce per via ordinaria accompagnato alla stazione da  un’enorme folla di cittadini; uno spettacolo veramente commovente a dimostrazione dell’intima unione che esisteva tra popolazione e militari. Si imbarca sul Piemonte al comando del Ten. Col. Botti e si sbarca a Massaua. Le tappe dell’avanzata portano il Battaglione a Edagà, Robò, Quià, Amba Aradam, combatte e costruisce strade. Quindi l’Amba Alagi, dove il gagliardetto dell’Intra sventola sulla ridotta Toselli, e infine il lago Ascianghi. E’ qui che è combattuta la battaglia più dura di quel teatro di operazione e il Battaglione alpino si copre di gloria. Passo Meccan, nella zona  di Mai Ceu, è la chiave di volta di tutto il nostro schieramento e lì è schierato l’Intra e contro quel passo si rivolge lo sforzo maggiore dell’armata abissina condotta dal Negus in persona. Sono 13 ore di lotta durissima spesso combattuta solo con le baionette e le bombe a mano: ma l’Intra non cede di un passo. Lì cade il Cap. Annibale Rosa comandante la 24a cp. as sieme ad altri 22 alpini, lì l’Intra si conquista la MAVM4 e lì l’alpino Attilio Bagnolini della 7a cp. si merita la MOVM5. Si avanza ancora: passo Anghetà, Quoram, Dessiè, Addis Abeba e infine, Ambò dove l’Intra trascorre qualche mese costruendo strade, fortini, monumenti e una Villa addirittura: Villa Intra. Finalmente al termine della campagna il ritorno in Patria, via Massaua, Napoli, Roma.

Gli alpini Btg Intra Verbania

Battaglione Saluzzo - Il 25 aprile 1935 al Battaglione Saluzzo viene costituita la quarta compagnia per le esigenze della campagna in A.O. e parte il 25 settembre 1935; il 29 da Napoli è imbarcato sul piroscafo Calabria e  sbarca a Massaua il 9 ottobre 1935 al comando del magg. Davide Jallà. Per trasformazione dei Comandi Superiori Alpini, nell’ottobre 1935 viene inquadrato nella 4a Divisione Alpina Cuneense. È inviato nella zona di Adigrat per essere impiegato in lavori di costruzioni stradali. Si sposta verso sud finchè a fine dicembre raggiunge le posizioni difensive del I Corpo d’Armata. Inquadrato nel Gruppo Battaglioni Nazionali si schiera nei pressi del passo Dogheà, è trasferito il 22 gennaio 1936 ad Hausien, presidian do la cinta difensiva della cittadina. Agli inizi di febbraio si sposta nella zona di Quihà dove viene inquadrato (cp. 21a-22a-23a-80a) nell’11° Reggimento della Divisione Alpina Pusteria; in Patria in sua sostituzione nel dicembre viene ricostituito al 2° Alpini il Battaglione Val Varaita. Partecipa ai combattimenti di Adi Gul Negus, Amba Aradam, Amba Alagi, Mai  Ceu; al termine della campagna, è impiegato nella zona di Dessiè per lavori stradali sino ad ottobre quando si trasferisce nella zona di Addis Abeba. Durante questo trasferimento è attaccato da bande ribelli e con il concorso del Battaglione Intra le disperde infliggendo numerose perdite. Il 20 gennaio 1936 vengono sciolte le quarte compagnie. Il 12 aprile 1937 sbarca a Napoli ed il giorno successivo con la Pusteria sfila per le vie di Roma.

Il Btg sfila Saluzzo

Battaglione Uork Amba - Di particolare rilievo la storia del VII Battaglione Complementi (cp 603a nappina bianca, 614a nappina rossa, 643a nappina verde) della Divisione Pusteria che ha al suo attivo l’impresa della conquista dell’Amba Uork del 27 febbraio 1936. Da quel momento assume la denominazione di Battaglione Uork Amba (montagna d’oro) ufficialmente riconosciuta il 18 marzo 1937. Con il rimpatrio della Pusteria il Battaglione rimane l’unica unità alpina in Africa Orientale. Nel corso della seconda battaglia del Tembien, combattuta tra il 27 e il 29 febbraio 1936, si distinguono il VII e l’XI Battaglione Complementi della divisione alpina Pusteria. Ad essi in collaborazione con un reparto della 114ª Legione CC.NN. viene affidata l’occupazione dell’Amba Uork, pilastro occidentale del Passo Uarieu, fortissima posizione dominante il fianco destro del nostro schieramento. Si costituisce un reparto di rocciatori formato da una trentina di alpini del VII Battaglione Complementi e una quindicina di ascari, al comando del tenente Gustavo Rambaldi, i quali devono impadronirsi della punta meridionale della montagna in questione. Un plotone della 643ª compagnia Complementi, agli ordini del tenente Reatto, deve appoggiare gli alpini di Rambaldi ed occupare un valico al quale giungeva, dal versante opposto, un sentiero. Contemporaneamente un manipolo di legionari agli ordini del tenente Tito Polo, anch’esso rinforzato da ascari, deve assalire la punta settentrionale che rappresenta la vetta.

Il tenente Rambaldi esce con i suoi uomini dalle nostre linee e, dopo aver percorso circa due chilometri attraverso la savana, raggiunge le prime pendici della montagna. Qui si avvede di aver perduto il collegamento con il plotone del tenente Reatto, ma senza tergiversare si accinge ugualmente a proseguire nell’azione. Gli alpini incontrano notevoli difficoltà alpinisti che durante la scalata (gli ascari stessi non riescono a proseguire per quell’itinerario) e sono preceduti nell’assalto alla vetta dal manipolo di legionari, i quali riescono a raggiungere indisturbati il torrione settentrionale, sorprendendo il presidio etiopico, che non riteneva possibile un attacco da  quel versante. In quel momento gli alpini, saliti per un ripido canalone, si trovano sull’orlo del piano inclinato che porta alla vetta.

La sparatoria mette in allarme i difensori, i quali cominciano a sparare sugli alpini di Rambaldi, che malgrado sia sfumata la sorpresa, vanno ugualmente all’assalto di quella difficile posizione. Durante il combattimento cade, colpito a morte, il sergente Bait e numerosi sono i feriti, ma i superstiti rimangono lassù, aggrappati alle rocce, e di là agevolano l’azione del VII Battaglione in direzione di Passo Uarieu. Il plotone inviato a sostenere il nucleo rocciatori è, nel frattempo, bloccato dagli abissini che hanno raggiunto la forcella e il suo comandante Costa viene colpito a morte.

Cartolina Btg Uork Amba

Altri tre ufficiali del Battaglione cadono quel giorno: il tenente Reatto, i sottotenenti Ciccirello e Agnisetta. I primi due sono decorati di MOVM alla memoria. A ricordo di questa rilevante azione alpinistico-militare, il VII  Battaglione Complementi (da tener presente che anche il manipolo di legionari era costituito da bergamaschi e bresciani che avevano svolto il servizio militare negli alpini) assume la denominazione di Uork Amba e il motto: «Le aquile rapirono l’oro alla montagna».

Al termine della campagna in Africa Orientale, il 22 ottobre 1936 è costituito a Feltre un altro VII Battaglione Complementi, che assume in un primo tempo la denominazione di Battaglione Speciale Alpini, al comando del maggiore Romano Biasutti, al quale succede nell’aprile il maggiore Gennaro Sora. Imbarcato a Napoli il 7 gennaio 1937, sbarca a Massaua il 15 gennaio successivo. Viene destinato a presidiare Addis Abeba, la capitale del nuovo Impero, dove giunge il 21 gennaio e qui assorbe quanto ri mane del Battaglione Uork Amba dopo i congedamenti, assumendone anche la denominazione. Conta così 27 ufficiali, 79 sottufficiali, 1031 alpini (cp 1a-2a-3a tutte con nappina verde). Essendo un reparto non incorporato in Divisione Alpina, nel tondo del fregio d’arma porta una croce di metallo giallo al posto del numero di reggimento.

Busta con lettera Btg Uork Amba

Sta per iniziare la fase di assestamento del conflitto italo-etiopico, che viene definita come «operazione di grande Polizia»: un continuo ed insidioso susseguirsi di imboscate e combattimenti contro le bande di sciftà comandate da Abebe Aregai, capo dei «Zabegnà imperiali», rifugiatosi nella zona di Debra Berhan. Il battaglione prende posizione in occupazione di  sicurezza sulle alture a nord di Addis Abeba con un distaccamento a Entotto e Monte Susultà, a circa 3.000 metri di altitudine. Nei mesi che seguono e cioè sino al sopraggiungere delle grandi piogge (maggio-settembre) il battaglione svolge una intesa e multiforme attività di carattere sia logistico che operativo. Ricognizione del territorio in gran parte boscoso, scorte armate a convogli e colonne, vigilanza diurna e notturna e costruzione di robuste opere murarie difensive, tecnicamente perfette ed esteticamente pregevoli. Gli alpini riescono a costruirsi anche un acquedotto di fortuna mediante condutture formate da tubi di lamiera ricavati da migliaia di bidoni vuoti di benzina. Viene così assicurato il fabbisogno idrico anche per l’abbeverata dei muli e l’irrigazione di campi ed orti. Gli alpini, più che  mai ingegnosi nel trarre vantaggio da ogni risorsa della zona, hanno anche provveduto alla fienagione di vastissime praterie naturali sugli altipiani di Monte Susultà, e lunghe colonne di salmerie recano la produzione negli alloggiamenti, accumulandola in grandi ammassi, quale riserva per la stagione piovosa.

Nell’estate del 1937 ha inizio la dura fatica di costruire una linea di fortini e il servizio di protezione per le colonne dei lavoranti impegnati nella costruzione di strade nella zona del Gimma.

Infine giunge il periodo delle piogge ed i primi scontri a fuoco con gli sciftà: uomini e muli non hanno più sosta, devono marciare su piste fango se, negli acquitrini melmosi ed attraversare a guado i torrenti impetuosi, il più delle volte straripati dai loro argini.

Il capitano Gennaro Sora6 con una colonna di oltre 150 muli raggiunge Gimma, superando fra immani difficoltà l’Omo Bottego e rientrando poi in Addis Abeba con gli uomini decimati dalla malaria ed i quadrupedi sfiancati dalla fatica. Nelle regioni fra Gheddò ed il Nilo Azzurro il Battaglione occupa e presidiò il Monte Amara, lungo la strada da Addis Abeba a Lekemti, dove costituisce una base per le colonne operative verso il Nilo Azzurro. Nel dicembre del l937 assume il comando del Battaglione il maggiore Luigi Macchia. Nell’ottobre del 1938 il reparto si trasferisce nella località fortificata di Ghinna Agher (Villaggio del diavolo), una zona desolata in  prossimità del Monte Meghesez (m 3600), la più elevata montagna della regione di Ancober.

 Dopo pochi giorni il reparto viene attaccato da formazioni di ribelli ben armate e rapide negli spostamenti, perché quasi tutte montate a cavallo. Il 14 dicembre, una colonna di salmerie, mentre percorre l’angusto solco del Tarà, cadde in una imboscata. Sulle dorsali rocciose che dominavano la pista appaiono improvvisamente centinaia di sciftà, ben inquadrati ed armati con mitragliatrici. Gli alpini che precedono la colonna si accingono o contrastare il fuoco proveniente dall’alto, ma è una lotta impari perché si trovavano in posizione molto svantaggiosa. Ciò nonostante, gli alpini riescono ad aprirsi un varco, attestandosi poi su di una piccola altura, contro la quale si infrangono i numerosi assalti dei ribelli. Nel frattempo, il rumore della battaglia giunge anche al fortino di Ghinna Agher, dal quale esce una colonna di rinforzi per dar man forte alle salmerie, ma anch’essi sono attaccati poco oltre la nostra posizione di Mosobit.

La prima imboscata è in realtà solo una trappola per sorprendere in forze gli alpini inviati in soccorso. Tutta la zona pullula di migliaia di sciftà agli ordini di un luogotenente di Aregai: lo Sciangutiè. I ribelli, in numero preponderante, sfruttando abilmente le asperità del terreno, tentano una manovra di accerchiamento, ma le due colonne - salmerie e rinforzi - riescono a tener loro testa. Poi alpini e muli ripiegano ordinatamente sotto la protezione della sezione mitraglieri, che spara senza un attimo di sosta. La  foga dei ribelli, che hanno subito perdite gravissime, si spegne gradualmente e le colonne riescono a rientrare in ordine a Ghinna Agher.

Nel corso del 1939 il battaglione agli ordini del ten. col. Luigi Viglieri partecipa ad altre operazioni di rastrellamento con il gruppo bande indigene comandate dall’alpino colonnello Rolle. Nel novembre del 1939 assume il comando l’energico maggiore Luigi Peluselli, un valoroso ufficiale che già si era distinto durante la Prima guerra mondiale al Rombon, al Kucla e all’Ortigara. Egli, in breve tempo, riesce a restituire al reparto le sue caratteristiche alpine, che l’ambiente coloniale aveva in parte modificato. Per prima cosa egli fa distribuire nuovamente uniformi grigioverdi, scarponi, sacchi da montagna e soprattutto cappelli alpini. Fa inoltre attrezzare una  parete rocciosa alta un’ottantina di metri allo scopo di utilizzarla come palestra per l’addestramento alpinistico della truppa, ottenendo risultati molto soddisfacenti. Continuando il suo estenuante lavoro di presidio, sempre sotto il comando del maggiore Peluselli, il Battaglione arriva alla soglia della Seconda guerra mondiale.

Il Gruppo Lanzo – È costituito nel 1935, alle dipendenze del 1° reggimento artiglieria alpina. Il 1 gennaio 1936 passa alle dipendenze del 5°reggimento artiglieria alpina (Divisione Alpina Pusteria). All’atto della sua  costituzione il gruppo inquadra la 5a batteria (proveniente dal gruppo Aosta), la 13a (dal Conegliano) e la 21a (dal Vicenza). Nel 1936 prende parte alla guerra d’Etiopia sotto il comando del magg. Giuseppe Migliorati. Il 12 aprile 1937 rientra in Italia per essere sciolto e le batterie tornano ai rispettivi Gruppi.

Il Gruppo Belluno - Nel dicembre 1935 viene inquadrato nel 5º reggimento di artiglieria alpina di nuova formazione e viene destinato ad operare in Africa Orientale nella guerra d’Etiopia con la Divisione Alpina Pusteria. Il 24 dicembre 1935 il Gruppo Mondovì cede l’11a batteria al gruppo

Belluno della divisione alpina Pusteria. Il 14 aprile 1937 terminata la campagna in Africa Orientale l’11a batteria rientra in carico al Mondovì. Nel corso della campagna il Gruppo merita la MBVM7.

 Il gruppo Susa (btr. 2a-3a-40a) - Viene inquadrato nel 16° Reggimento artiglieria divisionale della divisione di fanteria Sabaudia, e al termine della Campagna rientra in Italia nel gennaio 1937.

Scritto da Vito ZITA

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[1] Il VII Complementi ricevette MBVM (R. D. 21 gennaio 1937) con questa motivazione: “Conquistava, e con tenacia manteneva importante posizione sul fianco di un’amba infrangendo ripetuti assalti di soverchianti forze nemiche, mentre i suoi reparti di scalatori raggiungevano l’impervia cima dell’amba stessa, dopo una giornata di sforzi ammirevoli, in bella emulazione con un nucleo di CC.NN. e di ascari. Amba Uork, 27 febbraio 1936-XIV”. Fu assegnata anche un’altra MOVM nominativa al Tenente Efrem Reatto, alla memoria, (R.D. 24 luglio 1936) con la seguente motivazione: “In duro combattimento, ferito gravemente, sdegnava cure e conforti rifiutando di abbandonare la linea, vista una sua mitragliatrice che, tenuta sotto violento fuoco avversario,aveva perduto tutti i serventi, la raggiungeva attraverso battutissima zona, aprendo da solo il fuoco sul nemico. Nuovamente colpito lasciava la vita sul campo. Magnifico esempio di superbo ardimento, di fiero stoicismo, di consapevole sacrificio. Uork Amba, 27 febbraio 1936-XIV”.

[2]Al Sottotenente Antonio Ciccirello, alla memoria, (R.D. 24 febbraio 1939) con la seguente motivazione: “In commutazione della medaglia d’argento conferitagli con R. decreto 23 luglio 1937. Figlio di italiani all’estero, accorse volontario dal Perù per compiere i suoi obblighi di leva e sollecitava di partecipare alla campagna etiopica dimostrando alto sentimento patriottico e grande dedizione al dovere. Impegnato in asprissimo combattimento, dal quale dipendeva l’esito delle ulteriori operazioni nel Tembien, si prodigava ove la lotta era più furibonda, facendo spostare le mitragliatrici nei punti più opportuni ed incoraggiando col suo sereno contegno i propri dipendenti. Dopo aver curata la postazione di un’arma, la dove il nemico tentava un disperato assalto, e, mentre personalmente maneggiandola, mieteva le fila dei selvaggi assalitori, veniva colpito a morte, suggellando col suo sacrificio tutta una giovinezza volta al più ardente amor di Patria. Uork Amba 27 febbraio 1936-XIV”. Ci furono altri due alpini che meritarono la MOVM ma durante le operazioni di Grande Polizia coloniale: il sergente maggiore Luigi Spellanzon per il combattimento di Augodegò del 31 maggio 1938 (al comando di una banda indigena) e l’alpino Giuseppe Sidoli per il combattimento di Tarà Movic del 14 dicembre 1938.

[3] Si ringrazia Alberto Morera per aver fornito i dati operativi del Battaglione alpino Exilles durante la Campagna d’Etiopia.

[4]Questa la motivazione della MAVM consegnata al Battaglione Intra (R.D. 21 gennaio 1937): “Incaricato della difesa di un importante passo, infrangeva con tenacia pari al valore, l’irruente attacco di soverchianti ed agguerrite forze abissine, guidate dallo stesso imperatore. Durante tredici ore di violenta battaglia, decisiva per le sorti della campagna, riconfermava in terra africana le gloriose gesta compiute durante la grande guerra. Passo Mecan, 31 marzo 1936-XIV.”

[5]Questa la motivazione della MOVM alla memoria conferita al Bagnolini (R.D. 1 luglio 1937): Capo arma leggera, in piccola ridotta avanzata di capitale importanza, spiegava efficace e instancabile azione di fuoco contro le orde nemiche attaccanti. Accortosi che l’avversario, con  grave pregiudizio della difesa, tentava, defilato alla vista, l’aggiramento per un roccione sovrastante, non esitava di balzare fuori dalla ridotta con la sua arma e una cassetta di munizioni, e, raggiunto il roccione, sorprendeva col fuoco micidiale il nemico, ergendosi in piedi con l’arma imbracciata, per meglio colpirlo. Gravemente ferito al petto, mosso solo dalla preoccupazione di  salvare l’arma, riusciva, grondante di sangue, a trascinarla, col suo corpo martoriato, nella ridotta. Quivi, benché stremato di forze, si ergeva nuovamente in piedi e riprendeva a sparare contro il nemico che, imbaldanzito, ritornava all’assalto. Colpito una seconda volta, ripiegandosi in estremo amplesso sull’arma, lanciava, nel dialetto natio, suprema sfida al nemico, l’ultimo grido: «pais, fèila vȇddi» (compagni vendicatemi). Sublime esempio delle più fulgide virtù guerriere della nostra  stirpe. Passo Mecan (Mai Ceu), 31 marzo 1936-XIV.

[6]Partecipa alla grande guerra comandando il 3º plotone della 50a compagnia del Battaglione Alpini  Edolo e merita 3 MAVM e 1 MBVM. Nel 1928 Gennaro Sora fu chiamato assieme ad altri otto  alpini, di cui gli fu affidato il comando, a partecipare alla seconda spedizione che il generale Umberto Nobile si accingeva a intraprendere per raggiungere il Polo Nord con  il dirigibile Italia. marzo 1937 Gennaro Sora si trovava in Etiopia al comando della VIII brigata dell’ex Divisione Pusteria e successivamente fu chiamato al comando del Battaglione Speciale Alpini "Uork Amba" in attività di fortificazione, protezione e polizia. Nel 1940 si distinse con il suo XX Battaglione nella conquista del Somaliland, nel 1941 difese il Passo Mard nell’Harar contro le truppe inglesi ma la campagna d’Africa era ormai perduta. Il 12 aprile 1941, dopo che il generale Santini aveva ordinato la resa, si consegnò prigioniero alle truppe sudafricane. Trasferito in Kenya ebbe l’opportunità durante la prigionia di scalare, invitato da un ufficiale inglese, il monte Kenya. Nel suo periodo africano merita2 MBVM e 3 CGVM e 2 promozioni al merito di guerra.

[7]Questa la motivazione della decorazione (R.D. 21 gennaio 1937): “Schierato con le proprie batterie a fianco dei battaglioni alpini in una giornata di cruento combattimento, durato 13 ore nell’infuriare della lotta, esposto ad intensi tiri di fucileria, artiglieria e bombarde assolveva il suo arduo compito senza deflettere un istante dal suo composto entusiasmo, lottando con sentito cameratismo a fianco degli alpini, vivendo le stesse ansie e godendo della comune vittoria. Passo Mecan, 31 marzo 1936-XIV.”